lunedì 12 gennaio 2009

Mōryō no Hako - Episodio 7

L'episodio in pillole: Sekiguchi, Toriguchi e Akihiko continuano a parlare delle implicazioni folkloristico - religiose nei casi di scomparsa delle studentesse;

Highlights: 2 episodi in fila in cui non si fa altro che parlare!!! Spettacolo puro!!!;

Giudizio: 10/10

Volevo scrivere questo post l'altra sera, subito dopo la release della puntata ma confesso di aver perso un'ora a cercare la mascella in giro per lo studio, quindi alla fine ho posticipato la stesura della recensione ^^ Scherzi a parte, siamo probabilmente di fronte ad un record nella storia degli anime, perlomeno da quando li seguo con interesse e cognizione di causa: due episodi di fila in cui ci sono 3 personaggi chiusi in una stanza di pochi tatami dove non si fa altro che parlare è un record meritevole di applausi. Complimenti ai redattori dei testi, veramente complicati e affascinanti ed alla regia, che svolge un ottimo lavoro proponendo inquadrature sempre interessanti e "vive": quando sei in uno spazio ristretto per così tanto tempo, il rischio soporifero era davvero quasi inevitabile.

Le teorie accennate alla fine della 6^ puntata vengono completamente analizzate da Akihiko, con grande competenza e calma, mentre Toriguchi e Sekiguchi ascoltano la sua ammaliante oratoria. Ad onor del vero, la storia si apre come sempre con un racconto tratto dal romanzo di Sekiguchi in cui si vede una bambina che legge un manga in edicola, salvo saltare immediatamente ad una visione del passato (probabilmente) del protagonista del racconto: dopo la morte di qualcuno non identificato, il ragazzo si è ritrovato da solo nella grande casa padronale. Evento che, unito alla perdita della persona cara l'ha condotto per via preferenziale alla pazzia. Come sempre, non è chiaro il perché di questi flash sui racconti di Sekiguchi, ma tant'è...

Dall'inizio "vero" dell'episodio, possiamo ricavare due grandi tronconi narrativi: il primo, legato alle spiegazioni con varianti annesse e connesse degli ideogrammi componenti la parola "Mōryō" ed il secondo, in cui Akihiko inizia a dare un senso a queste 2 puntate di dialoghi associando la diversificazioni del concetto di prete/esorcista/ecc... con le traduzioni di "Mōryō" e, soprattutto con gli omicidi delle ragazze e della sparizione di Kanako. Meraviglioso, per chi come me ama la scrittura giapponese, la lunga ed analitica dissertazioni sui Kanji: Akihiko è un grandissimo! La lunga e complessa analisi inizia da un concetto molto semplice: "Mōryō" non è sinonimo di mostro. O meglio, dietro a quegli ideogrammi c'è un amplissimo ventaglio di traduzioni che cambiano in base all'accezione che si vuole dare al termine ed al contesto storico-letterario che ne giace alla base: senza entrare nella complessa analisi di Akihiko, che vi lascio gustare durante la visione della puntata, vi spiego solo che il Kanji "Mou" (魍) significa "mostro" ma il Kanji "Ryou" (魎) da più un'idea di spirito, come la tradizione cinese impone: facile intuire che la discussione sia destinata ad innalzarsi spaventosamente di livello, soprattutto quando Akihiko inizia a mettere sul tavolo le prime varianti calligrafiche... ^^

La seconda parte ci riporta in linea con il mistero di Kanako e delle ragazze sparite, anche se partiamo da molto lontano prima di avvicinarci. Toriguchi se ne esce con la storia di Onbaku di cui hanno parlato in precedenza (episodio 6, NdiMu) ovvero il leader della setta di veneratori delle scatole che pare essere il principale indiziato dell'intera vicenda. A riprova di queste affermazioni, il giovane editore getta sul tavolo un rapporto assolutamente top secret della polizia in cui si dice che "Onbaku" fosse padre di una ragazza, ora deceduta. La folle teoria del ragazzo è che la credenza religiosa (o presunta tale) di cui è vittima Onbaku possa essere alla base delle sparizioni in virtù del fatto che l'uomo sia persuaso della necessità di uccidere tante ragazze per salvare l'anima della propria figlia. Akihiko è chiaramente sorpreso dalla spiegazione ma non la cassa a priori, anzi domanda al ragazzo di continuare le sue ricerche sull'uomo, in particolare come pratica gli esorcismi dei "Mōryō" e quali strumenti utilizza. L'ultima richiesta del libraio è rivolta a Sekiguchi, al quale chiede di analizzare i nomi indicati nel registro fornito dal mastro scatolaio a Toriguchi (sempre nello scorso episodio, NdiMu) e riferire alla polizia i più importanti: mentre lo sfoglia il ragazzo nota il nome di Kubo Shunkou, un giovane scrittore in ascesa con il quale il nostro ha evidentemente avuto dei rapporti in passato.

Ogni puntata mi lascia sempre più sconvolto, davvero! Anche con i sottotitoli non è per niente facile capire e seguire il complesso intreccio narrativo proposto da Madhouse, ma le sfide sono il mio pane e non ho certo intenzione di mollare ora che siamo al giro di boa e si sta per ritornare sull'indagine vera e propria: evidentemente questa complessa disamina linguistica era fondamentale per capire meglio gli eventi che accadranno in futuro. Certo è che serie così particolari e controverse sono una gioia per chi, come me, rifugge l'anima commerciale di molti prodotti che puntano esclusivamente alla forma e non badano assolutamente alla sostanza. "Mōryō no Hako" è una serie che non ha la minima intenzione di condurci passo dopo passo verso la spiegazione del mistero semplicemente fornendoci uno dopo l'altro gli indizi necessari, bensì vuole mettere noi spettatori nella posizione in cui possiamo ragionare indipendentemente per mettere a fuoco le diverse prospettive e sfaccettature della storia, giungendo da soli alla verità. Raccontare una storia da diverse angolazioni e lasciare a noi il compito di capire cosa è utile e cosa no: ecco in cosa eccelle questo anime.

Nessun commento: