giovedì 11 giugno 2009

Mōryō no Hako - Episodio 10

L'episodio in pillole: Kyougokudou , Sekiguchi e gli altri investigatori si recano al santuario di Onbako-sama per metterlo di fronte alla realtà degli omicidi delle giovani donne; la polizia intanto scopre l'abitazione di Kubo Shunkou e tenta l'arresto, scoprendo un'agghiacciante verità;

Highlights: grandissima interpretazione di Kyougokudou;

Giudizio: 9/10

Siamo nel finale della serie e gli sceneggiatori, invece di perdersi come spesso accade nelle parti finali delle serie TV, dimostrano una volta ancora come tutto sia perfettamente chiaro e razionale nelle loro menti, permettendogli di spiegare con cura e dovizia di particolari e approfondimento il grande mistero che avvolge il destino dei protagonisti: in una parola... wow! I due episodi completamente dedicati ai dialoghi sull'etimologia e la storia-mitologica dei Mōryō trovano finalmente la loro completa ragion d'essere in questo episodio, dove l'immenso Kyougokudou prende possesso del palcoscenico e recita l'assolo da protagonista, dominando la scena e facendo crollare in poco più di venti minuti tutta l'aura di finta conoscenza del santone della setta religiosa devota alle sacre scatole. La comunicazione non verbale qui supera, in quantità ed importanza, quella verbale: questo non è l'episodio più difficile da capire anche per chi non mastica (mastica parzialmente) il simpatico idioma giapponese e riesce facile intuire finalmente chi si celi dietro alla vicenda del culto religioso e degli omicidi.

Il preambolo che precede la sigla, solitamente dedicato alla reinterpretazione dei protagonisti nel romanzo "La ragazza nella scatola" lascia il posto a Kubo Shunkou e a Terada-san in un cimitero dove, dalle tombe, emerge il lamento degli spiriti incapaci di evolversi poiché in vita furono credenti del culto di Onbako. La vera puntata inizia con Sekiguchi che sale alla casa-tempio di Kyougokudou mentre gli altri aspettano in macchina: l'accoglienza dell'esorcista è decisamente sinistra poiché chiede al ragazzo se sia consapevole del fatto che quando gli Onmyouji in fase di purificazione di un demone si lasciano corrompere dal fascino oscuro si trasformano anch'essi. Complice l'atmosfera greve della mattina presto ed un vento alzatosi perfettamente a tempo con la rivelazione dell'uomo, Sekiguchi inizia a sudare freddo e l'amico si alza rivelando di aere indosso un kimono cerimoniale da esorcismo. La strada per raggiungere il tempio del culto Onbako è lunga e ci permette di vedere cosa successe il giorno prima a casa di Kyougokudou per spingere tutti ad andare da Terada: la scoperta del cadavere di Yoriko ha permesso all'esorcista di capire che Kubo agiva secondo i dettami de "Il giardino del collezionista", libro sulla dottrina Shugenja in cui si discute del rapporto fra l'uomo e la natura... proprio quest'ultima protagonista dell'infanzia dell'assassino cresciuto in un tempio del Kyushuu. Diventato un Mōryō, Kubo va stanato "attacando" alla radice.

Al tempio di Onbako, i nostri si presentano come esorcista (Akihito), discepolo (Eno) e Mōryō (Sekiguchi) chiedendo di incontrare il fondatore. Sulle prime restia a farli passare, la miko deve cedere il passo a Terada che arriva a chiedere cosa sta succedendo ed accetta di esorcizzare il povero Sekiguchi, costretto a stare al gioco di Akihito che finge di non avere esperienza in quel tipo di esorcismi. Appena prese posizioni, l'anziano Terada capisce immediatamente che il ragazzo che ha di fronte non è posseduto ma Akihito cerca di distrarlo parlando della grande quantità di energia che permea l'edificio, frutto della devozione dei fedeli che quotidianamente frequentano il luogo sacro: Terada indica Onbako, fulcro delle attenzioni di tutti e Akihito ha così la possibilità di togliere definitivamente le castagne dal fuoco per Sekiguchi, che non sapeva più cosa fare per aiutare l'amico. Prendendo in mano la scatola, Akihito si attira le ire di Terada poiché spiega che i Mōryō non entrano nelle scatole per loro natura facendo dare di matto l'anziano che ordina a tutti gli "impostori" di andarsene. Uscendo, Akihito consiglia alla miko di curare il proprio mal di stomaco lasciando di sasso lei e l'uomo, che chiede all'esorcista se non sia anche lui un Mōryō.

La casa-tempio di Terada è in realtà un Kimon, un Porta Demoniaca che non aiuta l'esorcismo degli spiriti ma li fa diventare Mōryō. Akihito, che aveva intuito tutto fin dall'inizio, riprende in mano la scatola di Onbako e afferma che all'interno ci può essere al limite un demone ma di certo non un Mōryō. La faccia stravolta di Terada fa capire al nostro Akihito che il presunto sacerdote non conosce nemmeno la differenza fra le due categorie spiritiche e ancora una volta si trova a spiegargli le basi del suo "lavoro": Mōryō si scrive con l'ideogramma di "Hōryō" e sono sostanzialmente degli Youkai con n forte legame ai punti cardinali mentre gli altri e gli Housoushi sono spiriti si legati alle tombe ed ai morti ma facenti parte dei rituali Tsuima (arrivato in Giappone dalla Cina) ed il Setsubun (rituale di epoca Uda). Dopo la lezione di storia dell'esorcismo, Akihito mette alla prova ancora una volta Terada chiedendogli di esorcizzare usando il rituale Haenbai che dovrebbe essere la base delle sue conoscenze spiritiche ma l'uomo ancora una volta non sa rispondere alla richiesta di Akihito che deve mostrargli la ritualità del rito e ne approfitta per raccontargli gli aneddoti di Hana Matsuri ed altri demoni di tradizione cinese importati in Giappone. Ormai in balìa del "collega", Terada riceve l'umiliazione finale capendo che il legame con i punti cardinali è veramente importante e la cassa di Onbako va esposta a Nord e non Nord-Est.

Prima di focalizzarci su Kubo ed i suoi crimini, la regia indugia nuovamente sui nostri investigatori al tempio di Terada, dove Akihito vuole concludere la disamina storico-religiosa con un ultimo botto: presa la scatola di Onbako ed apertala, il nostro scopre all'interno il cilindro con il foglio dell'ideogramma "Mōryō" usato da Fukari durante gli esperimenti di chiaroveggenza e non i resti della loro divinità che sono invece conservate in una delle scatole alle sue spalle... che ovviamente indovina al primo colpo. I resti all'interno sono delle dita che scopriamo essere quelli di Kubo, che perse per colpa di un incidente negli anni dell'infanzia e che il padre prese come feticci e che anni dopo (e dopo aver messo delle protesi, ecco spiegato il perché dei guanti bianchi) venne a reclamare costringendo Terada a fondare la setta e ad usarlo come marionetta nelle sue mani. A casa di Kyougokudou i nostri scoprono finalmente tutti i segreti dei due fondatori della setta e Akihito aferma che l'arresto di Kubo chiuderà definitivamente il caso: a casa del ragazzo, la polizia tenta di fargli qualche domanda per valutarne il livello di sospetto ma lui, sfruttando la guardia bassa degli agenti li manda K.O e fugge per evitare l'arresto. Poche ore dopo, sempre da Kyougokudou, arriva la notizia che anche i resti del ragazzo sono stati trovati in delle scatole...

La morte di Kubo non mette fine al mistero degli omicidi a sfondo spiritico che avolge la serie dall'inizio e la domanda principale rimane esattamente al suo posto, in prima fila: cosa diavolo è successo a Kanako? Niente da dire sulla vicenda Kubo, che però non dobbiamo mai dimenticare essere solo un diversivo rispetto alla sparizione di Kanako ed il misterioso ospedale nella foresta: Kubo conosce tutto quanto legato alla morte della ragazza che nasconde, di suo, molti più misteri di quanto non si potesse immaginare nelle poche scene in cui l'abbiamo vista viva. Gli episodi come questo, però, giustificano l'attesa spasmodica di sottotitoli all'altezza e premiano i fan devoti che, come i fedeli del culto Onbako, aspettano le rivelazioni nascoste in ogni frase, ogni gesto, ogni aspetto solo in apparenza inutile.

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