mercoledì 17 settembre 2008

Ultraviolet: CODE 044 (recensione)

Una serie sconosciuta ai più, complice la mancanza di episodi subbati. Ma andiamo con ordine.

Siamo di fronte ad una serie d'azione, e fin dal primo episodio ce ne si può facilmente rendere conto. Madhouse voleva cominciare col botto ed in effetti ci sono già tutti i numeri per definire solido questo inizio. Assolutamente d'effetto la grafica, dark nell'aspetto e pulita nel tratto, con animazioni di tutto rispetto. Ma una serie action necessita di una colonna sonora seria che sia complementare in termini di accompagnento alle scene madri, e anche sotto questo aspetto direi che il compito a casa è stato fatto con impegno. La domanda che mi posi all'epoca fu: "durerà per 12 episodi?" E' vero che oggigiorno 12 episodi classificano una serie come "breve", però 12 episodi noiosi e inutili rimangano tali in qualsiasi contesto li si applichi. Fortunatamente, i segni di una media qualitativa molto alta erano già visibili dall'inizio, poiché il primo episodio non era solo sangue e spade ma anche dialoghi e psicologia di relazione fra i personaggi. Proprio le relazioni fra i membri del cast sono sorprendenti, dato che non siamo di fronte al classico gioco di buoni senza macchia e cattivi senza cervello, anzi: mi ha molto colpito il senso critico dei dialoghi, decisamente sorprendenti per i concetti espressi e per il modo di farlo. Sembrerebbe una serie molto seinen e per molti aspetti lo è: ma il primo episodio non manca di un abbondante dose di fanservice, perché le killer tirano ma le sexy-killer ancora di più ^^ E a noi non dispiacciono i centimetri di pelle a vista ^^

A parte le mie derive maniaco-compulsive per le belle donne che se ne vanno in giro armate, consiglio questa serie soprattutto per il taglio che dà all'analisi della storia e soprattutto della protagonista: è qualcosa di differente dal solito, poiché con il proseguimento delle puntate è evidente come il regista volesse farci vedere come pensa e ragiona la mente di una killing machine. Un po' come "Elfen Lied", se volete, ma senza l'elemento gore (e i bambinetti nudi...).

Sopra parlavo della predominanza del lato action su tutto il resto. Ironico come nel film da cui trae origine la serie, proprio i combattimenti fossero la cosa peggiore. Nemici ridicoli il cui abbigliamento rispecchiava il medesimo aggettivo, senza un'identità precisa e senza una caratterizzazione che andasse oltre il "eliminare-bersaglio" di robocoppiana memoria. Per non parlare delle pose stylish (o presunte tali) che assumevano nella quasi totalità della pellicola. Duole dirlo, ma nemmeno la presenza della bella Milla salvava la baracca... Ma perché vado a parlare del film?

Perché proprio sulle sue lacune e sulle sue pecche, Osamu Dezaki arriva a prendere in mano la situazione e a riproporci una serie anime di tutt'altra caratura. La mossa vincente, paradossale ma quantomai azzeccata, è stata quella di sfocare sull'azione (che comunque c'è ed è ben fatta) e accendere i riflettori della narrazione puntando sul cast. Sopravvivono i combattimenti, ma le comparse nemiche che 044 doveva eliminare nel film ora hanno un'identità ed un perché nel loro modus operandi. E questo è il fattore che fà di "Ultraviolet: CODE 044" la vera sorpresa inaspettata della "Spring Season 2008".

Mi permetto di spendere ancora 2 parole sui combattimenti prima di chiudere la recensione. Si, "Code 044" è una serie in cui i molti combattimenti sono un fattore importante. Ma avere solo quelli sarebbe impossibile. Ecco che entra in scena la trama. Solida ma allo stesso tempo semplice, priva di fronzoli come si addice alla nostra protagonista, bella e dura come un diamante sudafricano. Una trama che non è invasiva, che non si perde nella retorica di scene scontate e dialoghi idioti di bad guys che rivelano i loro segreti convinti che nessuno li stia ascoltando o cose simili. Quando non si combatte c'è un ottima gestione del cast e dell'evoluzione della trama, che và dritta al sodo senza essere prevedibile. Un pregio che non tutte le serie hanno, purtroppo.

Le ragioni di questa oculata gestione del rapporto fra le parti in causa è merito del grandissimo regista che c'è dietro alla cinepresa: Osamu Dezaki. Pochi hanno la sua esperienza e la sua visione d'insieme che l'ha portato ad evitare le trappole di un genere in cui, se non stai attento, è facile affondare nelle sabbie mobili di una caratterizzazione frettolosa e scontata, di dialoghi scarni e di finali improvvisati. Menzione d'onore per alcune scelte di regia come i tagli multiangolo della stessa scena e i frammenti di schermo: largamente (ab)usati ma dannatamente efficaci. Ottimi e abbondanti come l'uso della CG, la cui resa finale in questo mondo cyberpunk và oltre l'immaginabile. Da applausi. Per chi ama le sperimentazioni, beninteso.

Per concludere, questa serie non eccelle in nessuna voce, però tutte sono efficaci e contribuiscono alla resa finale del prodotto. Una serie che certamente non è per tutti, poiché chi è alla ricerca di sovra-significati sulle orme della trilogia di "Matrix" si troverà certamente deluso. La trama lineare è tipica di una serie che è puro intrattenimento. Madhouse voleva raccontare una storia ed intrattenere lo spettatore: considerando la serie solo ed esclusivamente sotto quest'ottica, è impossibile negare che sia stato fatto un gran lavoro.

Voto: 83/100

NARRAZIONE: 9/10

PERSONAGGI: 8/10

PRODUZIONE: 8,5/10

AMBIENTAZIONE: 7,5/10

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